Ti chiediamo di darci la definizione di autismo, in modo che possa essere comprensibile ai nostri lettori.
L’autismo è un disturbo organico causato da una predisposizione genetica e fattori di rischio ambientali che comportano un’alterazione dello sviluppo del cervello, un funzionamento differente in cui gli stimoli vengono percepiti in modo diverso rispetto a un cervello neuro-tipico. Nell’ultimo manuale diagnostico si parla di diade sintomatica indicando un deficit nell’area della comunicazione sociale (linguaggio verbale e capacità di interagire socialmente) e un deficit di immaginazione (repertorio ristretto di attività, interessi e comportamenti ripetitivi e stereotipati).
Va tenuto in considerazione anche l’aspetto sensoriale perché molte di queste persone hanno un funzionamento senso percettivo differente. È bene ricordare che ogni persona è unica e perciò si parla di spettro dell’autismo con differenti gradi di compromissione. “Quando conosci una persona con autismo, conosci Una Persona con autismo”. – Stephen Shore –
Pur nella complessità dell’Autismo, quali sono le fatiche e le difficoltà che tendenzialmente una persona con autismo vive quotidianamente?
La complessità dei neurotipici. Come detto prima, il funzionamento autistico si manifesta quando c’è un deficit nella comunicazione e nell’integrazione sociale, quindi persone con questo tipo di funzionamento hanno difficoltà nello sviluppare o mantenere amicizie, nel condividere esperienze, nel mettersi nei panni dell’altro. Per noi uomini, che siamo animali sociali, faticare nella reciprocità e nell’integrazione comporta stress, incomprensioni, ansia. Ci sono svariate testimonianze di persone con funzionamento autistico che descrivono questa fatica sociale (per esempio andare a un compleanno, fare un aperitivo con gli amici, prendere il pullman) come causa di grande ansia. Mantenere il contatto oculare con l’interlocutore, adeguarsi ai diversi contesti sociali, fingere interesse in conversazioni di routine comporta un grande dispendio di energie e di concentrazione.
Queste attività per i neurotipici sono innate, vengono quasi in automatico, come respirare. Se poi a questo aggiungiamo la diversa percezione a stimoli sensoriali possiamo capire quanto sia difficile la quotidianità per una persona con funzionamento autistico. Infatti, se il cervello di una persona neurotipica riesce a schermare diversi stimoli (per esempio rumori esterni, luci, odori), quello di una persona con funzionamento autistico fa molta più fatica e gli serve concentrazione ed energia per setacciare gli stimoli utili e quelli meno. Sarebbe positivo che le persone neurotipiche entrassero maggiormente in empatia con le persone con funzionamento autistico, che si creasse un ponte tra le due culture.
La relazione con l’animale
Fatta questa premessa è importante sottolineare il ruolo che la relazione mediata dall’animale può assumere con persone con autismo. Il primo aspetto che deve essere preso in considerazione è quello verbale. C’è qualcosa che paradossalmente accomuna le persone con autismo e gli animali ed è la mancanza di comunicazione verbale finalizzata da parte di entrambi, per entrare in contatto con il mondo esterno. Questo aspetto è la base per una relazione che si basa su un linguaggio comune, fatto di mimica, prossemica, di corpo. Ecco quindi che l’animale trova nella persona con autismo un essere vivente con il quale comunicare in maniera vicina alla propria modalità tipica, e la persona con autismo, se non verbale, trova nell’animale la possibilità di entrare in relazione attraverso canali non convenzionali, non tipici dell’essere umano.
Una semplificazione per comprendere meglio
Semplifichiamo, ma al fine di rendere meglio l’idea: è come se, dopo molto tempo passato in un territorio senza conoscerne la lingua, trovassimo un altro essere che utilizza il nostro codice comunicativo. Si crea immediatamente una comunanza, una vicinanza emotiva e relazionale che non è comprensibile a livello cognitivo, come spesso accade quando ci relazioniamo con un animale. È come se tra l’animale e il protagonista coinvolto la relazione passasse su un canale “non visibile” all’occhio umano non addestrato a leggere le dinamiche uomo-animale.
La difficoltà della persona con autismo
L’altro aspetto da tenere in considerazione è la difficoltà per la persona con autismo di uscire dallo schema mentale interiore. Spesso, infatti, il lavoro quotidiano viene preparato con l’operatore di riferimento tramite la striscia del tempo, ossia lo schema quotidiano delle attività da svolgere. L’animale appositamente preparato è in grado di accompagnare il protagonista, con la supervisione del conduttore, attraverso le “tappe” di questo schema, ma poiché nel nostro approccio l’animale non viene umanizzato né addestrato, ma soltanto educato e accompagnato in quelle che sono le sue inclinazioni individuali, può capitare che questo schema subisca qualche minima variazione e l’aspetto interessante che abbiamo notato è che se è l’animale a “infrangere la sequenzialità” pianificata, per il protagonista è meno grave rispetto a quando succede a causa di un suo simile umano. Proprio come se l’autenticità e la spontaneità del cane permettesse al protagonista di stare in uno schema, ma di maturare un livello di elasticità sempre maggiore.
Bambini, adolescenti e adulti
Nei percorsi con il Servizio Territoriale Autismo abbiamo incontrato, con i nostri animali, bambini, adolescenti e adulti. Il lavoro con i bambini ha previsto l’attività finalizzata all’acquisizione di regole nella gestione e nella relazione con l’animale. La regola, grazie all’animale, non viene imposta, ma viene condivisa ed è l’animale, attraverso il suo modo naturale, a far comprendere al bambino quanto è importante rispettarla. In occasioni di contatto fisico, per esempio, la manipolazione più forte può essere fastidiosa e, se capita, l’animale semplicemente si alza e si allontana dal posto, dando al bambino la possibilità di comprendere concretamente quanto sia importante avere regole in un mondo sociale.
Il dono del non-giudizio
L’animale ha il grande dono del non-giudizio. Il bambino pertanto non viene visto come un bambino “diverso”, ma semplicemente come un bambino. Questo significa che se l’animale percepisce che qualche cosa non sta funzionando, che il bambino è troppo invadente o non rispetta la regola di convivenza, semplicemente si alza e si allontana, senza alcun giudizio e senza fare sconti. Un’esperienza di questo tipo vissuta dal bambino è un’esperienza assolutamente utile alla vita quotidiana.
L’animale permette inoltre di sperimentare empatia e consapevolezza verso l’altro, che può diventare stimolo per aprire il bambino con autismo a un mondo più sociale. Il lavoro con adulti e adolescenti diventa anche uno spazio di integrazione sul territorio, lavorando sul grande dono dell’animale che assume il ruolo di fulcro sociale. Passeggiare con un cane significa incontrare altre persone, altri cani e fermarsi a condividere aspetti dei propri animali. In quelle occasioni sono stati i ragazzi a interagire con le persone, ciascuno per le proprie capacità.
Chiediamo a Marianna di raccontarci, brevemente, quello che ha osservato nei bambini e ragazzi che frequentano il Servizio Territoriale Autismo, nella relazione con l’animale, fornendoci un punto di vista esterno.
L’esperienza decennale maturata con la collaborazione con il Centro Italiano di Consulenza Relazionale B.A.U. permette di riscontrare l’incremento del livello di benessere per la persona con funzionamento autistico nella relazione mediata dalla animale, un abbassamento dello stato d’ansia grazie alla calma e alla capacità dell’animale di stare nella relazione che assume connotazioni non giudicanti ed accoglienti. Si è notato inoltre un notevole incremento nell’autostima di alcuni ragazzi grazie alla fiducia che il cane dimostra lasciandosi condurre. La persona, inoltre, è appagata e la relazione mediata dall’animale diviene paritetica grazie alla capacità dell’animale di ascoltare e di comprendere, restituendo feedback. Non da ultimo, a livello sensoriale per alcuni ragazzi il toccare, accarezzare il cane può aiutare a diminuire lo stress a stemperare l’ansia.
L’animale riesce insomma a essere incisivo laddove alcuni animali non umani neurotipici falliscono. Non si ferma infatti ad un’etichetta, ma va oltre, vedendo, respirando e vivendo la Persona che ha davanti a sé in quanto essere unico e irripetibile. L’animale diviene un alleato della persona con autismo, che può comprendere e tessere relazioni significative in un contesto dove il cane diviene “protezione e base sicura”.